C'erano una volta dodici pecore che pascolavano sulla cima di un colle.
Bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, ci fu chi brucò un'erbaccia velenosa che le mise la fame di un lupo: spalancò le fauci e corse in mezzo al gregge ululando come non aveva mai fatto.
Quelle spaventarono terribilmente, chi scappò di qui, chi di là, ma la più lenta restò indietro e l'inghiottì in un sol boccone.
Cadde addormentata e quando si svegliò era tornata quella di prima.
Passavano i giorni e le undici pecore pascolavano sulla cima del colle.
Bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, la pecora nescia brucò un'altra erbaccia velenosa: spalancò la bocca grande come un lupo e corse in mezzo al gregge ululando.
Di nuovo spaventarono terribilmente e chi scappò di qui, chi di là, ma la pecora luparina aggranfiò la più debole e l'inghiottì in un sol boccone.
Le altre guardarono sgomente e una disse:
"Meno male che non ha preso me!"
E un'altra disse:
"Speriamo che le sia passata la fame!"
Cadde addormentata e quando si svegliò era tornata quella di prima.
Passavano i giorni e le dieci pecore pascolavano sulla cima del colle.
Bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, ancora una volta la pecora nescia brucò l’erbaccia velenosa.
"Scappa che ti mangia!"
"Non mangiare me!"
La pecora luparina si avventò sulla più debole, che non era poi così debole, era anche un po' forte, ma la luparina se ne era già mangiate due, sicché era diventata ancora più forte.
"Guardate, se la mangia!"
"Corriamo a salvarla!"
"No, che ci mangia pure noi!"
E stettero a guardare.
E la mangiò.
Poi cadde addormentata e quando si svegliò era tornata come sempre.
Passavano i giorni e le nove pecore pascolavano sulla cima del colle.
Bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, ogni qualche giorno capitava alla pecora nescia di mangiare l'erba velenosa, e poi di inghiottire un'altra pecora, e ogni volta la pancia le veniva più grossa e la forza più forte e, anche se pecore deboli e lente non ce n'erano più e tutte scappavano di qui e di là, una per volta le raggiungeva e le mangiava in un sol boccone.
Finché un giorno rimasero in due, la luparina e la più forte di tutte, che non aveva mai avuto paura della luparina, perché lei era la più forte di tutte, e quando la luparina le saltò addosso si difese senza paura.
La lotta fu terribile.
Ma la luparina era diventata così forte per tutte quelle che aveva mangiate, che alla fine inghiottì pure lei.
Sulla cima del colle rimase solo la pecora nescia, con la pancia grossa, ma tanto grossa che pareva una balena.
Era tutta sola e brucava un po' qui un po' là, ma era tanto triste.
Bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, un giorno brucò un'erbetta spiritosa che le solleticò il naso.
D’improvviso le venne uno sternuto enorme, ma così enorme che sputò fuori tutte le pecore che s'era mangiata.
Tornarono a pascolare tutte insieme in cima al colle.
E bruca un'erbetta qui, brucane un'altra là, la pecora nescia finì per brucare la solita erbaccia velenosa: spalancò le fauci e s’avventò sul gregge.
Ma, quando erano state tutte insieme nella sua pancia, avevano discusso a lungo e avevano preso una decisione, sicché questa volta non scapparono per ogni dove, ma si strinsero l'una all'altra, stettero ferme e belarono forte.
La luparina ululò da far spavento, così tanto che la più debole non resistette e corse via.
La luparina l'inseguì e certamente l'avrebbe inghiottita, ma le altre, invece di stare a guardare, corsero a stringersi intorno a lei e tutte insieme stettero di nuovo ferme: la luparina ululò fino a stremarsi e corse di qui e di là, ma non riuscì a mangiarne nessuna.
Dopo un po' cadde addormentata e quando si svegliò era tornata quella di prima.
Allora le insegnarono come riconoscere l'erbaccia velenosa.
E fu così che non la brucò mai più.
Su in cima al colle tornarono a pascolare felici le dodici pecorelle.
E, se nessuna se n'è andata, scommetto che sono ancora tutte là.